(…) E mentre il trio bislacco, ciascun allo scuro di ciò che move l’altro, ripercorre la scalinata a forma di spirale avvitata su se stessa fin su a la stanza spoglia dell’ufficio, la spuma timida d’abbasso n’approfitta per lambire sul gradino disabitato e freddo la carcassa solitaria de la pezzogna scivolata nell’oblio dalla sacca del soldato, ormai dimentico de la bestia dacché – ubi maior minor cessat – in tutt’altre e più incresciose faccende affaccendato. L’onda gentile n’accarezza le branchie esangui, e si ritrae perpetua di risacca, per poi tornar soave ma ingrossata, il tanto che basta a produr quel movimento minimo che attira il pesce a sé e ne provoca brevissimo e improvviso smottamento. Qualche flutto più deciso, di sorpresa, strattona la pezzogna per la guancia e la trascina fino all’orlo de la pietra ove or sospesa sta, con la testa orientata in direzion dell’orizzonte, pronta a salpar per l’esiziale viaggio sola, senza barca né Caronte. Di lì a poco, quando al vespro la marea sarà salita poco sopra il palmo e mezzo di misura, l’acqua subdola scivolerà gelata tra la terra ferma e la sua pinna grave, finché in mare nero salperà la smorta bestia a galleggiar tra le correnti inerte, per ritornar a casa in conclusion del suo continental confino, in balia delle beffarde e pur benigne onde del destino…